Martedì 10 gennaio alle ore 21.20 presso la Fondazione Luigi Tronci – Corso Gramsci 37, Pistoia

Un appuntamento del ciclo “Pensando ad Atene: riflessioni sulla democrazia contemporanea”


In occasione del primo appuntamento del ciclo “Pensando ad Atene: riflessioni sulla democrazia contemporanea”, il prof. Roberto Fedi porrà in correlazione l’arte dell’Ariosto con la tradizione araba delle Mille e una notte. Quella di Ariosto è un’arte tutta figurale, dove le trame nascono sul filo del discorso come ghirigori. Fedi ne traccerà l’elogio, cominciando dall’endecasillabo ariostesco, che si distende senza impacci e forzature metriche, al punto da darci l’idea d’un libero scorrimento di immagini che si susseguono l’un l’altra in modo assolutamente visivo.

La massima mutazione figurale che Ariosto introduce nel poema, è, però, la terra vista dalla luna, dove sale assieme all’evangelista San Giovanni. La Luna è il suo arcano, diciottesimo dei tarocchi, regolatore dei flussi e riflussi, l’attrattore di tutto quanto sta in sospensione sulla terra. Infatti il poeta dice che lassù si trova tutto quel che quaggiù va perduto, ma cosa?

Non pur di regni o di ricchezze parlo,
in che la ruota instabile lavora;
ma di quel ch’in poter di tor, di darlo
non ha Fortuna…

(XXXIV, 74)

Quaggiù c’è il divenire di ascese e cadute, secondo il giro della Ruota della Fortuna, l’effimero. Lassù invece ci sono le forme eterne, come in un iperuranio, dove però al posto delle idee di Platone troviamo le manie proverbiali, le vane ambizioni di salire in alto, i desideri che girano sempre a vuoto, le forme eterne dell’imbecillità umana.

A partire da questo episodio lunare del Furioso, vi è un rimando ad una prospettiva estetica e storico-culturale che torna alla cultura italiana proprio nel Rinascimento. Il particolare modo in cui Ariosto ha tradotto questa prospettiva in una forma di contrapposizione platonica fra l’Idea e la sua copia inserisce lo stesso autore nella tradizione platonica dell’Umanesimo-Rinascimento che tiene conto dei legami con la cultura ferrarese del suo tempo. Questa prospettiva però odora di Oriente e cioè di Mille e una notte.

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