Scritti furiosi
Francesco De Santis
Il protagonista non è il savio Orlando, ma Orlando matto e furioso. Questo tipo della cavalleria così trasformato è già una concezione ironica. Ma guarda ora come vien fuori questa concezione. Il momento della pazzia è rappresentato con tale realtà di colorito, che la tua illusione è perfetta. Ci si vede una profonda conoscenza della natura umana nelle sue più fini gradazioni. È un «crescendo» di particolari e di colori, che ti rendono naturalissimo un fatto così straordinario.
Francesco De Santis, Storia della letteratura italiana Napoli – Morano 1870 – 1871
Torquato Tasso
Si deve considerare l’Orlando Innamorato e ‘l Furioso non come due libri distinti, ma come un poema solo, cominciato da l’uno e con le medesime fila, ben che meglio annodate e meglio colorite, da l’altro poeta condotto al fine; ed in questa maniera risguardandolo, sarà intiero poema, a cui nulla manchi per intelligenza delle sue favole.
Torquato Tasso, Discorsi sull’arte poetica e in particolare sopra il poema eroico, Venezia – Vasalini 1587
Alberto Asor Rosa
Solo menti borghesi di esemplare educazione filistea hanno potuto leggere nell’Orlando Furioso il poema dell’ordine elevato ad “armonia” universale, senza scorgere, dietro la poderosa sistemazione poetica, il corredo immenso d’inquietanti bagliori sotterranei e di dolorose percezioni della tragicità dell’esistenza umana, che quel poema ospita nel suo seno.
Alberto Asor Rosa, Il canone delle opere, in Letteratura italiana. Le Opere, Torino – Einaudi 1992
Italo Calvino
L’Orlando Furioso è un’immensa partita di scacchi che si gioca sulla carta geografica del mondo, una partita smisurata, che si dirama in tante partite simultanee. La carta del mondo è ben più vasta d’una scacchiera, ma su di essa le mosse d’ogni personaggio si susseguono secondo regole fisse come per i pezzi degli scacchi.
Italo Calvino, Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino, Torino – Einaudi 1970
Attilio Momigliano
Il Furioso è un’interminabile fuga di avventure straordinarie e comuni, una vicenda perpetua di incontri inaspettati e di sùbite scomparse. Si rinnova ad ogni canto, e spesso più volte in un canto, la sensazione di una potenza che mova gli uomini, li avvicini, li mescoli, li disperda, li riunisca, «oltre la difension de’ senni umani».
Attilio Momigliano, Saggio sull’Orlando Furioso Bari – Laterza 1932
Vincenzo Gioberti
L’Ariosto è assai meno ortodosso […], onde in lui l’elemento sensato prevale di gran lunga all’ideale, e il suo poema appartiene alla medesima specie dei Re di Firdusi e dell’Iliade; se non che l’individualità libera dell’uomo vi spicca forse ancor più risentitamente, atteso gl’influssi evangelici da cui era informata la cavalleria dei bassi tempi.
Vincenzo Gioberti, Del primato morale e civile degli italiani Napoli – Batelli 1848
Walter Binni
L’attacco ariostesco fra vicenda umana e storia poetica è più spontaneo, mai moralistico e mai programmatico sì che i fatti, gli avvenimenti si sciolgono facilmente in modo di vivere, in apprensioni di realtà assunte nel loro significato più vasto di accenti del ritmo vitale di cui pochi poeti han sentito l’unità e la preminenza al pari dell’Ariosto sapendo mantenere alla poesia la sua destinazione di alleggerimento, di astrazione stilistica che diventerebbe gusto di decorazione calligrafica se non fosse calda di una sua umana contemporaneità…
Walter Binni, Metodo e poesia di Ludovico Ariosto Messina – D’anna 1947]
Benedetto Croce
Tutti i sentimenti, i sublimi e gli scherzosi, i teneri e i forti, le effusioni del cuore e le escogitazioni dell’intelletto, i ragionamenti d’amore e i cataloghi encomiastici di nomi, le rappresentazioni di battaglie e i motti della comicità, tutti sono alla pari abbassati dall’ironia ed elevati in lei. Sopra l’eguale caduta di tutti, s’innalza la Maraviglia dell’ottava ariostesca, che è cosa che vive per sé.
Benedetto Croce, Ariosto, Shakespeare e Corneille Bari – Laterza 1920
Pio Rajna
Quando l’Ariosto si metteva a scrivere il suo poema, il romanzo cavalleresco era un genere vecchio e stravecchio, che aveva da raccontare di sé una lunghissima storia.